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Caprile Vincenzo

Napoli, 1856 - Napoli, 1936

"Giornata assolata presso un cortile di Cava de’ Tirreni"

Olio su tela, cm 49.5x29
Firmato e datato in basso a destra: "V. Caprile, ‘79".

Nel novero degli intellettuali che parteciparono attivamente alle battaglie del Risorgimento vanno compresi anche quei pittori “giovani” che univano agli ideali patriottici quelli del rinnovamento artistico, cioè della lotta alle accademie e agli accademismi. L’occasione risorgimentale, per i pittori “giovani”, fu altresì un momento di incontro tra persone di differenti provenienze, che seppero, attraverso un confronto, sia intellettuale che culturale, consolidare i più fondamentali principi che spingevano a fare arte. Il processo dell’unità d’Italia fu, per un gran numero di artisti, la tessera di un mosaico composito che comprendeva: la coscienza dei principi del vero, la critica all’accademia con il conseguente affrancamento da essa, nonché gli stimoli ad un rinnovamento dettato dal progresso. Tali concetti vanno perciò considerati come le fondamenta su cui si sono costruite le “scuole di pittura” nate in Italia dopo il 1861. Esse hanno rivestito carattere nazionale proprio attraverso le varie correnti di idee, oltre che a contatti personali o di gruppo. Con il termine “scuole”, lasciando come caso a parte quello della Scapigliatura milanese, ci si riferisce proprio a quei “centri” di Piagentino e di Castiglioncello in Toscana, di Rivara in Piemonte e di Resina a Napoli, presso i quali, i “nuovi artisti”, carichi di energia antiaccademica, trovarono un punto di riferimento e di confronto per tutte quante le loro ricerche. Il fiorentino Adriano Cecioni, uno dei protagonisti delle famosissime discussioni di “Caffè Michelangelo” a Firenze, si reca nel 1863 a Napoli e precisamente a Portici dove incontra un piccolo gruppo di pittori, capitanati dal giovane Marco De Gregorio e fermamente intenzionati ad applicare i principi del vero in soggetti semplici, soprattutto visti in natura e all’aperto. Cecioni, deciso ed irruente, diventa l’organizzatore e la mente del gruppo che in seguito prese il nome di “Scuola di Resina”, e che annoverava, oltre a De Gregorio, Federico Rossano, Antonino Leto ed il giovanissimo pittore di Barletta Giuseppe De Nittis. Poco tempo dopo aderiva un altro giovanissimo: Vincenzo Caprile. Il nostro stupendo dipinto illustra un momento di vita rurale presso uno dei tanti affascinanti angoli che fanno questo paesaggio, uno tra i più amati dai cultori dell’affermatissimo “Gran tour”. In Una giornata assolata presso un cortile di Cava de’ Tirreni troviamo lo sforzo sincero e la tensione innovatrice del grande artista napoletano, che si riflettono negli spazi assoluti di luce, il cui insieme, saturo di tinte luminose, risalta per l’audacia delle pennellate e nello stesso tempo anche per i toni soffusi, quasi impalpabili. La descrizione “solare” della veduta è alquanto rigorosa nel rispetto del vero, e si esprime attraverso un’atmosfera tersa, pulita, smaltata, ottenuta con l’efficace equilibrio tra colore, forma e stesura. La resa dell’immagine rivela un elevato grado di abilità pittorica nei passaggi tonali, nella concretezza naturalistica, nei contrasti luministici e nell’inquadratura ravvicinata di un certo qual gusto “macchiaiolo”, tipici del periodo di frequentazione della Scuola di Resina. L’incantevole angolo della Costa Amalfitana, in questo caso si offre all’artista con tutto lo splendore della sua luce, dei suoi colori e nonché dei suoi caratteristici e meravigliosi scorci. Nulla sembra essergli sfuggito, tanto da soffermare la sua attenzione oltre che ai luoghi, sugli stessi abitanti e sulle loro abitudini. Mi piace rammentare, infine, il pensiero di un grande mercante della pittura napoletana che asseriva come, nei capolavori di Pratella non ci fosse quasi mai il mare, e questo era dovuto al fatto che ogni volta che arrivava a Napoli il grande De Nittis egli si premurava di seguirlo per dipingere con lui i famosi orti vesuviani. Come ben possiamo notare anche in questo dipinto non ci sta “ú mare” in quanto, come per l’appunto asseriva Gerardo Celestini il dipinto in questo caso fu realizzato proprio per il piacere dell’artista di esprimere in modo tutt’altro che commerciale uno stupendo momento di verità quotidiana. E. Motta

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