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Premazzi Luigi

Milano, 1814 - Costantinopoli, Turchia, 1891

"Interno del Duomo"

Olio su tela, cm 89.8x74.8
Firmato e datato in basso a destra: “L. Premazzi 1843”.
Datato: 1843

Bibliografia

M.C. Gozzoli, M.Rosci, Il volto della Lombardia da Carlo Porta a Carlo Cattaneo paesaggi e vedute 1800 – 1859, Milano, Gorlich Editore, 1975, p.216 n.152.

L’avvento del paesaggio naturalistico di Giuseppe Canella trasforma notevolmente il gusto e in gran parte le tendenze del marcato milanese degli anni Trenta e Quaranta del XIX secolo. L’unico “genere” specifico che non risente di questa trasformazione appare la veduta prospettica di interno ed esterno monumentale, canonizzata da Giovanni Migliara e sostanzialmente ripresa da Luigi Bisi che, con Federico Moja a Venezia riesce a mantenerne la fortuna addirittura nella seconda metà dell’Ottocento. L’abilità di Bisi, riconosciuto come l’erede di Migliara, consiste nell’aver compreso la possibilità di un ottimale sfruttamento della veduta prospettica quale “documento”: supportato, oltretutto, da una grande richiesta in quel tempo di immagini “ricordo”. Tale orientamento fu ripreso e fedelmente continuato, proprio negli anni Trenta e Quaranta anche da altri valenti artisti, fra i quali Luigi Premazzi, tutti intenti nell’assegnare alla veduta quella forte valenza documentaria che, per nobiltà e borghesia, sia residente che turistica, rivestiva un tradizionale ruolo di importante e colto souvenir. Il nostro interessante dipinto testimonia con chiarezza la metodologia di composizione della veduta, propria di un artista che ha raggiunto la sua piena maturità. Questa pittura richiede in chi la esercita profonda cognizione prospettica, precisione di linee, misura di tocco e severa franchezza di mano che non concedono licenza alcuna, pena la violazione della verità, anche ad un occhio meno esercitato; cosa invece, più agevolmente mascherabile nella pittura di paesaggio. Ecco perchè ci si trova in un campo sgombro da ingegni mediocri e da dilettanti: infatti gli studi prospettici, piegati ai calcoli e alle esattezze geometriche, hanno compiuto le giuste selezioni e gli artisti, quelli veri, appaiono per la gran parte più che eccellenti. Dimostrazione palese è proprio il nostro splendido dipinto dove la veduta dell’interno del Duomo di Milano viene eseguita con tale ardimento prospettico e con tale sapienza di colorito che a buon diritto fa includere Luigi Premazzi nella stretta schiera dei “Signori della luce”. L’analisi degli oggetti raffigurati, che sono rappresentati con il rigore del filologo, è sensibile al grande impegno che tutta la cultura del secolo XIX ha profuso nella creazione delle varie filosofie della storia, e nel radicale rinnovamento degli strumenti di ricerca storiografica. Nella scena accuratamente animata dalla presenza dei più svariati personaggi, sono perfettamente identificabili anche dipinti, sculture e manufatti che impreziosiscono l’interno della prestigiosa cattedrale meneghina. Al tempo stesso la forte verticalizzazione dello scorcio è coerente con l’espressione di un sentimento religioso ormai romanticamente inteso che riesce a segnare, come già accaduto nel Manzoni, una chiara distanza dalle atmosfere e dalla mentalità dell’illuminismo lombardo di inizio secolo. E.Motta

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