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Induno Gerolamo

Milano, 1825 - Milano, 1890

"Roma, 1863 (La Bandiera Nazionale)"

Olio su tela, cm 74.5x100
Firmato e datato in basso a destra: “Ger. Induno 1863”.
Datato: 1863

Bibliografia

“Illustrazione italiana”, Milano, 2 gennaio 1864, p.66. A.M. Comanducci “I pittori Italiani dell’Ottocento” Casa Editrice Artisti D’Italia, Milano, 1934 pag.324-325. G. Nicodemi “Domenico e Gerolamo Induno”, edizione G.G. Gorlich, Milano, 1945 tav.179. E. Somarè “La Pittura Italiana dell’800”, Istituto Geografico De Agostani, Novara, 1944, tav.12. Bergamo, “ Convegno - Il Lungo Cammino dell’Unità”, Teatro sociale di Bergamo alta, 1 giugno 2010, volantini e manifesti.

Esposizioni

Milano,“Dipinti di Domenico e Gerolamo Induno”, Castello Sforzesco, maggio-giugno 1933, n. 83. Milano, “Mostra commemorativa del cinquantenario”, Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente, dicembre 1934. Bergamo, “Convegno - Il Lungo Cammino dell’Unità”, Teatro sociale di Bergamo alta, 1 giugno 2010.

La pittura lombarda dell’800 rispecchia la storia di un popolo che guarda consapevolmente al proprio avvenire e che con il trascorrere del secolo prende via via coscienza delle proprie capacità, del proprio valore e del ruolo che sarà destinato ad esercitare nella vita di una nazione che si viene gradualmente formando. In Lombardia si avvertono gli echi dei numerosi contrasti dovuti alle diverse culture e ai differenti costumi di quelle varie regioni che andranno ad unirsi per formare l’ Italia e si individua proprio nella produzione artistica, forte di un’antica e gloriosa tradizione nazionale, uno dei percorsi fondamentali per favorire il processo di unificazione attraverso la rappresentazione dei problemi e dei sentimenti comuni che avevano attraversato il risorgimento. Questa osservazione preliminare è di somma importanza proprio perché riconosce l’autonomia e la consapevolezza delle radici storiche presenti nella cultura lombarda, sempre aperta, anche nel campo specifico della pittura, alle suggestioni artistiche provenienti da altri Paesi europei e specialmente dalla Francia, ma pur sempre capace di rielaborarle originalmente coniugandole con i valori autoctoni. Anche se risultano innegabili i meriti della cultura transalpina che fu all’origine dell’illuminismo lombardo nella Milano dei Verri e del Beccaria, appare ben chiaro che anche quando lo stimolo venne da fuori, la componente lombarda mantenne una propria vitalità, sforzandosi, come fece, di dare all’arte una caratterizzazione destinata a qualificare ogni impulso rigenerativo attraverso le proprie radici. Se dunque l’Ottocento lombardo si apre con l’idealità neoclassica e prosegue nel clima dell’evocazione romantica, la razionalità concreta della tradizione lombarda sarà sempre presente nei suoi artisti all’interno dei diversi movimenti e stili che hanno scandito il secolo diciannovesimo. Il pittore lombardo, dunque, non diventa mai solo ed esclusivamente uno sperimentatore che cede alle facili lusinghe della pura bellezza formale o del decorativismo a scapito dei contenuti; egli è sempre immerso nella corrente della storia, attento alla possibilità di costruire il proprio futuro con gli strumenti che gli sono offerti dal suo passato. Gli stessi sentimenti patriottici risorgimentali traggono spesso linfa e concretezza dalla rappresentazione della realtà quotidiana, anche nei suoi aspetti più umili, come risulta con chiarezza dalla commistione fra pittura di genere e celebrazione patriottica spesso realizzata dai fratelli Induno e, in modo particolare, dal “pittore soldato” Gerolamo. La moderazione dell’approccio tipicamente lombardo ai problemi dell’unità nazionale che, nel caso della Lombardia, sono preceduti dall’eliminazione di un dominio straniero, è ben rappresentata nello splendido dipinto di Gerolamo Induno che illustra la confezione di una bandiera nazionale. L’opera è datata 1863, ma si riferisce certamente a un momento in cui la Lombardia si trovava ancora sotto la dominazione austriaca, forse durante le Cinque Giornate del 1848. Qui il pittore esprime una concezione fortemente antiretorica del patriottismo, ambientando la realizzazione della bandiera in un povero interno, magistralmente descritto nel suo disordine e nella modestia dei suoi arredi, ad opera di tre popolane che lavorano nel timore di essere scoperte: due confezionano la bandiera, mentre una terza sta in vedetta nel rustico stanzone, illuminato da una fioca luce artificiale che mantenga l’operazione al riparo dagli sguardi curiosi. In questo dipinto sembra quasi che la celebrazione ceda il posto alla verità. Non è l’esaltazione, ma la cronaca del sentimento nazionale, diffuso ormai anche negli strati più bassi della popolazione. In armonia con la razionalità concreta della tradizione lombarda, il pittore documenta con un’oggettività non priva di arguzia questa diffusione capillare degli ideali risorgimentali che condurranno inarrestabilmente al formarsi della nazione. E. Motta

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