
Ferrari Arturo
Milano, 1861 - Milano, 1932
"La chiesa di S. Stefano in Borgogna (Milano)"
Acquarello su carta, cm 70x50
Firmato e datato in basso a destra: “Arturo Ferrari, 1893”.
Datato: 1893
Provenienza
Acquistato nell’anno 1893 dalla Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente in Milano.
Questo splendido dipinto all’acquarello, fra l’altro di notevole dimensione, rappresenta un caratteristico scorcio di Milano che oggi, purtroppo, non esiste più. Arturo Ferrari proprio in questo caso conferma la sua grandissima abilità prospettica nel ritrarre in modo impeccabile la monumentalità dell’antica chiesa di Santo Stefano in Borgogna; ma soprattutto lo spirito di quel luogo appartenuto alla Vecchia Milano. La magistrale resa dei colori e delle luci sa perfettamente rappresentare uno scorcio tipicamente lombardo; in questo modo lo sforzo rende visibile tutti quanti gli spazi interiori che si esprimono nei più minuti particolari della rappresentazione, come per esempio il silenzio e la fragilità dell’ambiente, in cui si sposano perfettamente anche i personaggi che la animano. Infatti il nostro artista andava affermando che per un vecchio milanese come lui, ogni muro che cadeva suscitava tanta passione! Ecco il motivo per cui era sempre affannato a dipingere: “documenti”, così li definiva i suoi quadri, davanti ai quali “I giovani che a stento potranno concepire cos’era la vecchia città, si sentiranno presi da grande turbamento, al punto da far insorgere nel loro cuore un misterioso tumulto, quel palpito indefinibile per una madre sconosciuta e per sempre scomparsa; e, scossi da un sussulto d’istintiva reazione, saranno spinti ad esclamare: oh! Come doveva essere bella la Vecchia Milano”! Da questo aneddoto si può ben comprendere in Arturo Ferrari un’autentica carica di poesia della realtà che riesce a scovare in ciò che gli sta attorno, quello struggente profumo di malinconia che nasce dai ricordi, sottile sentimento che per un lombardo appare quale prezioso “sale dell’anima!”. Il nostro dipinto, dunque, costituisce un’importantissima aggiunta agli indiscutibili meriti di Arturo Ferrari che, sanno correre paralleli alle sue aperture al naturalismo, ma soprattutto ci offrono la migliore delle smentite al luogo comune di certa critica che ogni tanto insiste sulla “facilità pittorica” di Arturo Ferrari, a discapito della profonda analisi dei contenuti storici della Vecchia Milano. Le suggestioni romantiche esercitate sul pittore dall’irrefrenabile cambiamento del volto della città in seguito all’avvento dell’industrializzazione, lo rendono impareggiabile nel cogliere la repentina agonia della Milano popolare circondata da tutte le sue tradizioni, proprio un momento prima che la nuova economia industriale inneschi i grandi temi della protesta che caratterizzeranno la successiva pittura sociale. In questo stupendo dipinto, dunque, troviamo un irripetibile momento di transizione in cui la sintesi della nostalgia si coniuga con la consapevolezza di un mondo che sta per cambiare. E. Motta Note particolari e curiose: La chiesa di Santo Stefano in Borgogna era una chiesa di Milano. Situata in via della Cerva, fu demolita nel 1930. Sull'origine del nome vi sono più ipotesi: la prima, descritta dal Lattuada, sosteneva l'origine del nome con il fatto che la zona fosse abitata nel XIV secolo da gente della Borgogna, mentre una seconda, descritta dal Sormani, sostiene che il nome fu dato perché nella zona abitava la famiglia dei Bergonzi, testimoniata dal fatto che nella chiesa vi erano varie decorazioni che riportavano l'effigie della famiglia. Attestata sin dal 1300, l'ultimo aspetto della chiesa era dovuto ai rimaneggiamenti voluti dal cardinale Federico Borromeo assegnati all'architetto Michelangelo Greco che gli diede una facciata con paraste ioniche e quattro nicchie. L'interno era suddiviso in una sola navata e possedeva tre altari, di cui il principale dedicato alla Vergine Maria conteneva un dipinto di Panfilo Nuvolone. Santo Stefano in Borgogna, elencata tra le parrocchie di porta orientale nel XV secolo, amministrava un numero di anime, conteggiato tra la Pasqua del 1779 e quella del 1780, pari a 710. Con il nuovo compartimento territoriale delle parrocchie della città e dei Corpi Santi di Milano che ebbe pieno effetto dal 25 dicembre 1787, la parrocchia di Santo Stefano in Borgogna fu soppressa e unita alla parrocchia di Santo Stefano maggiore. La chiesa fu sconsacrata a metà ottocento, e divenne deposito di legname nonché magazzino per il carbone. Anche per tale ragione, la via Santo Stefano in Borgogna assunse con delibera del 1865 la dicitura di via Borgogna. Nell’ottica del rifacimento della via, la chiesa fu demolita al termine della prima guerra mondiale.
