Milesi Alessandro
Venezia, 1856 - Venezia, 1945
"La mia bambola"
Olio su cartone , cm 54.4x39.3
Firmato in alto a sinistra: A. Milesi.
E’ proprio grazie ai recenti studi di Paolo Serafini sul soggiorno veneziano di John Singer Sargent che possiamo attribuire al grande artista americano la paternità della cosiddetta “neo-Venetian school” che si era imposta di dare un’espressione nuova alla rappresentazione di Venezia e della sua vita quotidiana: assolutamente lontana dalle composizioni che monopolizzavano l’immagine “internazionale” della città lagunare. Dopo alcune saltuarie frequentazioni, che si protraggono per tutta la seconda metà degli anni Settanta, è proprio all’inizio del 1880 che il grande artista di origine americane, ma nato a Firenze, sarà costantemente presente nelle calli più popolari e segrete di Venezia, realizzando così una serie di opere assolutamente nuove nel taglio compositivo e nell’impostazione; esse verranno immediatamente recepite dagli artisti veneziani d’origine, ma anche d’adozione, segnando così il vero e proprio inizio della “neo-Venetian school”. La composizione di genere, quella dal grande effetto, unita all’assoluta piacevolezza e alla facile comprensione, diviene dunque il modello di riferimento per un gran numero di artisti: da Giacomo Favretto a Luigi Nono, da Eugenio De Blass ad Ettore Tito, da Angelo Dall’Oca Bianca ad Alessandro Milesi. Proprio come nel fare di Sargent anche nei loro dipinti non vengono rappresentate le caratteristiche della grande storia veneziana ma bensì una particolare e personale interpretazione pittorica di “un moderno vissuto quotidiano”, rappresentativo di quella nuova fiorente scuola di artisti che risultò contemporaneamente unita nel metodo e nella scelta dei soggetti. Questo interessantissimo lavoro, deve essere colto come uno dei molteplici capitoli che l’artista dedica alla sua Venezia popolana e popolare, opere che seppero di volta in volta rendere gradevole, o addirittura commuovente, il clima di una città vista attraverso questa nuova corrente, in una atmosfera magistralmente trasposta grazie a tutta una serie di impressioni che tratteggiano le più svariate fisionomie dei suoi abitanti. Sono elementi distintivi e caratteristici di un sistema comportamentale e vestiario che sanno rappresentare, se non addirittura testimoniare, il manifesto interesse dell’artista nei confronti della sua amata terra d’origine, che vanno letti come la precisa volontà di radicarsi al territorio, di darsi dunque un’identità. La mia bambola, è opera che sa inequivocabilmente documentare come Milesi abbia raggiunto la consapevolezza che, lo scrupolo della verità, non sta più nella meticolosità della forma materiale, ma in una chiara relazione con il sentimento del soggetto. Si tratta dunque di un dipinto che lascia trasparire il carattere dell'autore, infatti il suo altro non è che un temperamento romantico e pensoso che, come nel nostro caso, gli fa prediligere: anzichè festosi episodi di vita comunitaria, una scena più intima, colta proprio in un momento di struggente malinconia. E. Motta