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Morbelli Angelo

Alessandria, 1853 - Milano, 1919

"Natura morta"

Olio su tela, cm 37x37
Firmato in basso a destra: "Morbelli".
Databile: 1890/1

Bibliografia

Trento, 1990, pp. 186, n. 57, 187 (ripr.)

Esposizioni

Alessandria, 1953. Milano, 1983, n. 22 (ripr.). Trento, 1990, n. 57 (ripr.)

Il dipinto, sconosciuto alla critica fino al 1953, quando viene esposto alla retrospettiva dell’artista ad Alessandria, si presenta alquanto anomalo nel contesto della produzione di Morbelli, pur se soggetti di natura morta non mancano lungo il percorso del pittore, sia pure all’interno di altri dipinti - valga per tutti Mi ricordo quand’ero fanciulla, 1903(1) - e non in maniera autonoma. Come invece in questa piccola tela, credibilmente databile all’esordio degli anni Novanta, la quale si propone essenzialmente come uno studio d’illuminazione artificiale in un interno, con la luce che dalla lucerna, unica fonte d’illuminazione del dipinto, si riflette direttamente sulla padella creando un marcato contrasto chiaroscurale si direbbe di lontano tramando seicentesco, fra la stessa, in cui predominano bianchi azzurrati, grigi argentati e gialli di intensa luminosità, e le zone di penombra, tenute sui bruni, sulle terre e sulle ocre. Una datazione all’esordio dell’ultimo decennio del secolo appare giustificata, oltre che da un senso accentuatamente veristico dell’immagine, proprio dei lavori del decennio precedente e sostanzialmente allusivo, in modo anche esplicito, ad una tematica di istanza sociale, anche dal ricorso a pennellate divise e giustapposte sulla tela, secondo un procedimento ancora sperimentalistico, al di qua della rigorosa metodologia puntinista cui Morbelli approderà già nel 1892, come documenta Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio2, e tuttavia tale da esaltare i valori ottico-luminosi del dipinto. Il riferimento a questa data si spiega anche alla luce di lavori di Segantini eseguiti tra il 1899 ed il 1893 - Le due madri e Nell’ovile -- ed improntati a ricerche analoghe, il primo dei quali oggetto, nel 1891, di una lettura fortemente critica da parte di Marco Calderini circa il modo dell’artista trentino di rappresentare pittoricamente l’illuminazione artificiale di un interno, lettura che non poté certo passare inosservata in un ambito artistico inteso a privilegiare, nel campo delle proprie ricerche, il problema della luce. Giovanni Anzani 1) Trento, 1990, pp. 182-183. (2) Ibidem, pp. 172-173. (3) Calderini, 1891, nn. 31-32.

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