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Calvi Ercole

Verona, 1824 - Verona, 1900

"Pescarenico sul lago di Lecco"

Olio su tela, cm 30x50
Firmato e datato in basso a sinistra: “Ercole Calvi, 1874”.
Datato: 1874

Esposizioni

1874, Società Promotrice Genova – XXIII Esposizione, Numero 21, Sala 3.

La prima fondamentale parte della vita artistica di Ercole Calvi, riconducibile a cavallo degli anni quaranta e cinquanta del XIX secolo, è quasi interamente milanese, dove sotto l’attenta guida dell’amico e conterraneo Giuseppe Canella, decide di intraprendere l’innovativa via del paesaggio naturalistico, anche se ancora fortemente legata alla vena romantica, tematica che Canella aveva portato ad un successo addirittura internazionale, tanto da trasformare tra gli anni Trenta e Quaranta, il gusto ed in gran parte anche le tendenze del mercato milanese, per non dire italiano. Sarà successivamente agli anni Cinquanta che Calvi, rientrato a Verona dopo il lungo soggiorno a Milano, si accosterà decisamente anche verso la veduta prospettica d’interno ma soprattutto di esterno monumentale, quella canonizzata in quel di Milano da Giovanni Migliara e sostanzialmente ripresa da Luigi Bisi con eccezionale acutezza, tanto da mantenerne la fortuna fino alla tarda seconda metà dell’800. L’abilità di Bisi, presa ad esempio dai maggiori artisti del tempo, tra cui Ercole Calvi, consisteva proprio nell’aver compreso l’eccezionale opportunità che veniva offerta loro dall’ottimale sfruttamento della veduta quale documento; oltretutto sollecitata da una grande richiesta di immagini ricordo da parte di tutti quanti gli appassionati cultori del “Gran Tour”. Anche per Calvi, le iniziali vedute di campagna e dei molti laghi del nord Italia, agli inizi degli anni Sessanta, vengono sostituite sempre più frequentemente da vedute di piazze cittadine o da accattivanti scorci di paese, pur continuando a concretizzare in modo evidente quel processo di sviluppo della pittura di paesaggio che sempre più andava in direzione del Naturalismo. La conferma ci viene per l’appunto da questo piacevolissimo dipinto che testimonia il riconoscimento della pittura “en plein air”, canonizzata agli inizi degli anni Sessanta in quel di Brera, con l’assegnazione della cattedra di paesaggio a Gaetano Fasanotti, che inizialmente era stata di Giuseppe Bisi ed in seguito di Albert Zimmermann. L’antica maestria nel dosaggio chiaroscurale va sempre più attenuandosi, mentre la tavolozza assume una gradazione pressoché smagliante, a tutto favore di una luminosità atmosferica. Il dipinto appare impaginato con solennità, e testimonia l’avvenuto abbandono del gusto romantico proprio attraverso lo schiarimento generale della tavolozza, ma soprattutto con un suggestivo realismo nella contemplazione del paesaggio che induce a coglierne il senso più autentico dell’effetto atmosferico, fissato sulla tela in tutta la sua bellezza. Proprio in questo modo viene ad evidenziarsi una grande suggestione dettata dal prezioso accordo sentimentale tra lo stato d’animo dei personaggi con l’ampio scorcio paesaggistico in cui l’artista sa dimostrare un magistrale equilibrio. E’ una veduta lacustre disposta con garbo e attraente verità, carica però, di quella tensione che riesce ad evidenziare un particolare momento di bellezza naturalistica, avvertita in una sorta di solennità epica, che sa testimoniare l’antica fortuna letteraria di questi splendidi luoghi immortalati, attraverso i secoli, da grandi poeti e scrittori quali, per esempio, Alessandro Manzoni e Antonio Fogazzaro. E. Motta

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