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Poma Silvio

Trescore Balneario, BG, 1840 - Turate, CO, 1932

"Rive di Vercurago"

olio su tela, cm 75x136
Firmato in basso a sinistra: “S. Poma”.
Datato: 1884

Il dipinto di Silvio Poma, Rive di Vercurago (Lago di Pescate), costituisce un esito qualitativamente molto elevato nel percorso artistico del pittore e rappresenta una sintesi complessa dei valori insiti nella lunga tradizione della pittura di esterni, che conviene richiamare a grandi linee, per sottolinearne le principali specificità nel corso della sua vicenda storica. Le rappresentazioni pittoriche di spazi esterni passeranno dal ruolo di semplice “brano di pittura” alla conquista di una loro autonomia a partire dal XVI secolo con qualche anticipo della pittura nordica su quella italiana che avrà uno dei suoi pionieri in Annibale Carracci. Unitamente alle “mostre” di nature morte e alle illustrazioni cinematiche di momenti drammatici di battaglie, la pittura di esterni sarà forse il più importante fra i cosiddetti “generi” che arricchiranno il panorama tradizionale dei soggetti considerati degni di essere rappresentati nella pittura. E’ noto che l’esplosione della pittura di genere avverrà principalmente nel XVII secolo, ma è altrettanto certo che, con alterne fortune, essa proseguirà fino ai giorni nostri. Dalle prime prove di piccoli dipinti di “paesi” la pittura di esterni andrà differenziandosi progressivamente in rappresentazioni di scorci naturali e nelle vere e proprie vedute urbane, che trionfarono nella Venezia e nella Roma del ‘700, con il ricorso alla camera ottica, già in uso dal secolo XVI, ma diffusa in Italia soprattutto da Gaspar van Wittel, artista olandese italianizzato con il nome di Gaspare Vanvitelli. Grazie all’uso di questo strumento si andò ampliando l’orizzonte della veduta, senza nulla togliere alla precisione della resa degli edifici e delle luci, arrivando fino ai vasti orizzonti dei “panorami” settecenteschi. La rappresentazione sempre più precisa e realistica degli esterni scelti dai pittori ebbe grande successo presso i protagonisti del “viaggio in Italia”, più noto come “Grand Tour”, che dal XVII secolo andarono progressivamente aumentando nel XVIII secolo, quando alla nobiltà si affiancò la nascente borghesia. Paesaggi, vedute e “bambocciate”, cioè composizioni pittoriche di soggetto popolare, documentavano i luoghi e i costumi conosciuti durante il viaggio e costituivano preziose testimonianze della storia, dell’arte e delle bellezze naturali della penisola. Con l’affermazione del romanticismo la rappresentazione del “paesaggio” finì per prevalere sul gusto della “veduta urbana” per la maggiore capacità di esprimere il rapporto fra uomo e natura. La montagna e i laghi settentrionali, con i loro silenzi e il confronto sublime tra la fragilità dell’essere umano e la forza immensa della natura, attirarono sempre più l’interesse degli artisti e dei collezionisti. La successiva trasformazione della sensibilità protoromantica nel gusto della rappresentazione naturalistica segnò un svolta anche nell’approccio degli artisti alla resa delle immagini lacustri. Più numerose e ricercate di quanto non fossero in epoca romantica, anche per il progressivo diffondersi delle abitudini di villeggiatura attraverso la costruzione di importanti ville e dei primi edifici alberghieri, queste immagini abbandonarono progressivamente le atmosfere sublimi e indeterminate del romanticismo per approdare alla rappresentazione di luoghi ben riconoscibili, immersi in una luce atmosferica che descrive con verità la stagione e la stessa ora del giorno. Ciò che rimane nel naturalismo maturo cui appartiene quest’opera di Silvio Poma, che fu presentata all’esposizione nazionale di Torino nel 1884, è il silenzio del lago che invita il viaggiatore alla meditazione, alla tranquilla contemplazione di un panorama sereno in cui paesi e montagne sono perfettamente distinguibili, un silenzio ormai lontano dalle atmosfere tempestose e irrequiete del primo romanticismo. E’ inoltre d’obbligo ricordare come proprio nel XIX secolo i luoghi lacustri, specialmente quelli lariani, raggiungono una straordinaria fortuna letteraria attraverso capolavori scritti da artisti del calibro di Alessandro Manzoni e Antonio Fogazzaro. L’opera di Poma deve dunque essere inserita e compresa in questa concezione ottocentesca del lago nella transizione dal romanticismo al naturalismo. In particolare, dunque, Rive di Vercurago accentua il colloquio intimistico fra l’osservatore e la conca lacustre, chiusa agli orli dalle sagome delle montagne. Proprio queste ultime, in netta contrapposizione alla grandiosità del sublime romantico, sembrano quasi una cerchia protettiva in cui lo spirito può trovare un tranquillo rifugio, cedendo al ricordo e alla nostalgia. Il nostro dipinto, dunque, rappresenta senza alcun dubbio uno degli esiti migliori della pittura di paesaggio di Silvio Poma, che ha ripetutamente affrontato il soggetto lacustre, con un approccio stilisticamente naturalistico e psicologicamente manzoniano e con particolare privilegio per “quel ramo del lago di Como” di cui resta indiscutibilmente uno dei più importanti cantori ottocenteschi. E. Motta Se un giorno sentirete qualcuno affermare che il Lario spesso appare triste agli occhi dello spettatore, correggetelo, perché il nostro amato Lago di Como sa emanare solo ed esclusivamente malinconia, e la malinconia altro non è che il sale dell’anima. E. Motta

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