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Rosa Costantino

Bergamo, 1803 - Bergamo, 1878

"Veduta di Lecco"

Olio su tela, cm 37x61
Firmato e datato in basso a sinistra: “C. Rosa, 1849”.
Datato: 1849

Bibliografia

G. Mosconi, Dipinti di paesaggio del sig. Costantino Rosa, in Giornale della Provincia di Bergamo, 1834; F.Rea, La pittura bergamasca da Marco Gozzi a Silvio Poma, cat. mostra, Bergamo,1983; F.Rea e M.Zanardi Ricci, Costantino Rosa , in I Pittori Bergamaschi dell’Ottocento, vol. I, Bergamo, 1993, pp.337/365; F.Rea (a cura di), Acquosissima Lombardia, cat. mostra, Lovere, 2001, p.53.

Quando il Rosa espone Veduta di Lecco all’Esposizione di Brera, del 1850, la critica sui suoi lavori è quasi assente, anzi ad essere obbiettivi colpevolmente non è mai stata puntuale nei suoi confronti, se si esclude il lungo ed esaltante articolo di Mosconi del 1833. Eppure il Rosa era stato presente, anche con numerose opere, sia alla Carrara di Bergamo cha alla Brera di Milano. A Brera, nel 1850, il pittore è assente da alcuni anni e presenta quattro dipinti: Una veduta di Lecco, Veduta di San Marco in Val Brembana, Il saltarello romano e La valle di S. Martino. La vicenda si spiega con l’evolversi degli eventi che portano, proprio alla fine degli anni Quaranta, alla crisi del paesaggio che ha vissuto nel decennio precedente la sua migliore stagione. Defunti sia il Migliara che il Canella, scomparso dalle scene il D’Azeglio l’evoluzione del paesaggio lombardo ora guarda alla versione romantico - naturalistica tedesca del ginevrino Alexandre Calame, confermata a Brera nel 1851 dalla comparsa di Julius Lange. Il Rosa che nasce come pittore sulle tracce di Pietro Ronzoni e si è dibattuto per decenni fra le varie correnti di paesaggio trovando sempre ottimi risultati ottenendo un posto significativo nella storia dell’arte bergamasca come legame ideale dal neoclassicismo di Ronzoni al verismo di Tallone. Ma, se vogliamo essere più profondi, la pittura di Rosa non si ferma all’area locale, piuttosto spazia in tutta la nostra penisola con annotazioni di vita e di paesaggio a Roma, a Napoli, in Romagna, con incursioni in cucine, botteghe, balli folkloristici, pescatori partenopei e nordici, butteri e motivi della letteratura, dall’Ariosto alla leggenda di Ossian, affrontando praticamente una moltitudine di temi non comune nella gran parte dei pittori. In seguito il Rosa vuole percorrere anche la nuova via del paesaggio nordico con le direttive di Alexandre Calame, ma questo è un discorso breve perché la sua vera strada è quella del naturalismo nostrano. Questa Veduta di Lecco, dall’impostazione romantica, è semplicemente splendida, per l’ambientazione, per la morbidezza della colorazione che ben definisce la temperatura del luogo, per il felice disegno dell’impianto scenico e per il complesso di figurine che arricchiscono la scena; in questa opera il Rosa dimostra quanto la sua pittura sia alla pari con opere di grandi pittori del suo tempo, come si è dimostrato con la mostra Acquosissima Lombardia, alla Tadini di Lovere nel 2001. Fernando Rea

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